MONTE PELONE (2259m)

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L’escursione odierna può definirsi rigorosamente all mountain. E’ un itinerario da affrontare con molta cautela. Raggiungere il Monte Pelone, sito tra il Monte Gorzano ed il Pizzo di Moscio, richiede tempo, pazienza e oltre che a buone gambe, anche buone spalle in grado di sopportare a tratti il peso della bici. Arriviamo in auto nella frazione di Padula ed iniziamo l’escursione in corrispondenza del bivio per Fioli. Pedaliamo in direzione di Forno mentre sulla dx ci godiamo la visuale su tutto il Monte Bilancere e sul Fosso di Padula. Proseguiamo in salita fino a Riano. Ivi giunti, facciamo rifornimento d’acqua nella piazzetta del paese. Torniamo leggermente indietro e imbocchiamo la traccia n.331 C.A.I., questa entra nel bosco, passa dinanzi alla Fonte del Bove ed inizia a salire. Ci manteniamo sempre sulla sx ignorando diverse deviazioni create dai boscaioli, superiamo un tratto ripido fino al Colle Colletto e giungiamo al bivio con il sentiero n.332 che scende all’abitato Fioli,visibile dall’alto. Ci troviamo su un pianoro erboso, prendiamo a dx la traccia che penetra nel Bosco dello Schiafarnito. Si scende di poco e subito si ritorna a faticare in salita ripida sino sbucare al Ceppo. Davanti alla casetta in legno dell’Amministrazione Separata troviamo la segnaletica C.A.I. indicante Lago dell’Orso. Snobbiamo il Sentiero Italia e scegliamo l’agevole carrozzabile che si inerpica per S.Egidio. La strada sale costantemente tra boscaglia e tratti scoperti che fanno da passerella sul versante del Fosso di Padula. Quando tocchiamo quota 1800m siamo nelle vicinanze dalla Fonte delle Trocche. Transitiamo in una zona molto suggestiva. Sotto di noi il selvaggio Fosso della Cavata presidiato dall’imponente Monte Gorzano e dal quell’ambito Pizzo di Moscio che troppo spesso si nasconde tra nuvole minacciose. A dx la strada porta al Rifugio dell’Orso mentre a sx è ben visibile la scassatissima sterrata realizzata negli anni ‘80 da un’azienda tedesca in cerca di non si sa quali fortune sulle pendici del Pizzo. Da questo punto parte il lungo tragitto (da affrontare prevalentemente bici a spinta) che sovrasta gli Iacci di Verre e cavalca la Storna. Mentre si sale in mezzo ai prati in fiore si incontrano un paio di fonti pastorali; in basso a dx la meraviglia del Bosco della Martese, il Colle Romicito ed il Colle Pacerolo. Tra profondi solchi scavati dallo scioglimento delle nevi e pietrozzi disseminati qua e là, incontriamo un “omino di pietra” che segna il bivio con il pericoloso sentiero per il Fosso del Castellano. Noi ci manteniamo a sx e continuiamo l’ascesa raggiungendo quota 2200m circa dalla quale incominciamo a navigare a mezza costa. Siamo alla base conica del Pizzo di Moscio, ora possiamo finalmente risalire in sella zig-zagando tra sassi e rigagnoli d’acqua. Davanti a noi il Monte Pelone con i suoi 2259 metri di altezza, da non confondere con il più basso Monte Pelone sito nel versante ascolano tra Cima Lepri e Colle Romicito. Saliamo sulla sua vetta per ammirare il fossato del versante laziale e lo stazzo di Padula. Dopo le classiche foto di rito discendiamo dal crinale del Pelone e svoltiamo per la traccia di dx. Pedaliamo in direzione del Monte Gorzano arrivando ad incrociare il Fosso Grande. Ci sono ancora rimasugli di neve nonostante le temperature ormai estive. Oggi, a causa della frequente nebbia, che si alza e si abbassa in continuazione precludendoci la visuale, il Cinghiale decide di mantenersi in alto. Attraversiamo il Fosso Grande portandoci sin sopra la Fiumata e quando ormai il Fosso del Tordino è sotto di noi, incominciamo ad abbassarci di quota. Navighiamo a vista fino a quando non scorgiamo in lontananza il Rifugio della Fiumata. Il rifugio è ubicato in un vero e proprio paradiso terrestre. Alzando gli occhi, dalle pareti del massiccio del Gorzano sono ben visibili le cascate, le quali con ripetuti salti, alimentano il fiume Tordino. Al Rifugio della Fiumata incontriamo un gruppo di escursionisti che ci offrono un bicchiere di vino. Hanno raccolto spinaci di montagna, in dialetto locale chiamati “vòleche”, ottimi da gustare come contorno ad un piatto di salsicce oppure semplicemente freddi conditi con olio e limone. Nei pressi del rifugio insiste un crocevia. Guardando il Fosso del Tordino, a sx si torna verso il Fosso della Cavata mentre andando diritti ci si addentra nella Macchia della Fiumata. Ha inizio la parte più difficile dell’itinerario. Scendere per Cesa Lunga non è impresa molto semplice, specie se il tracciato risulta sporco, invaso da uno spesso strato di fogliame al di sotto del quale si nascondono pietrozzi insidiosi. La discesa si snoda tra boschi meravigliosi dove tangibili sono i segni lasciati dalle tempeste invernali. Il fondo muta di tanto in tanto, dal morbido fogliame al pietroso, dallo sterrato evidente al flebile sentierino nascosto tra le ginestre. Seguiamo sempre la segnaletica giallo/rossa. A quota 1500 metri circa di altezza si incrocia una palina C.A.I., da questo punto si consiglia di svoltare a sx perché nel sentiero di dx il passaggio si potrebbe complicare. Quando riprendiamo il Sentiero Italia che, in selvaggio single track scende dal Fosso della Cavata, decidiamo di fare una breve visita alle bellissime cascate Cantagalli. Ritornati sul sentiero principale passiamo su un ponticello di legno e aggrediamo l’ultima porzione di traccia che sbuca sulla strada per Macchiatornella. Padula è ormai sotto i nostri piedi ma non è ancora finita. Tagliamo il bitume e puntiamo il Tordino. Transitiamo su un ripido single track che serpeggia verso il fiume e permette l’accesso dal basso all’abitato di Padula. Facciamo infine un piccolo escursus tra i vicoli del paese prima di riprendere la strada asfaltata che conduce al punto di partenza. I luoghi visitati non sono certo molto frequentati come del resto la gran parte degli itinerari del Cinghiale. Il consiglio che sento di dare a coloro volessero avventurarsi tra queste montagne è il seguente: munitevi sempre di strumento gps, altimetro, bussola e carta dei sentieri … approfittate di belle giornate con cielo limpido e senza vento … il temibile versante del Pizzo di Moscio che sovrasta il Fosso della Cavata troppo spesso si è rivelato teatro di tragedie, vuoi per l’incoscienza della gente, vuoi perché come dicono gli anziani da queste parti “lu Patratern, lu temb che fà, nà mai dett a nisciun…..TRADOTTO “il Padre Eterno, il tempo che farà, non l’ha mai detto a nessuno”.

CINGHIALE – PAPERO - MAGO 26/05/2012 Padula (TE)




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rpapero

27.05.2012 22:25

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rpapero
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Tipologia
Itinerario da A ad A
Inserito il
27.05.2012
Località
Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga,
Regione
Altro
Tempo Percorrenza
6 ore
Distanza
28
Dislivello
1700
Difficoltà tecnica
medio
Condizione fisica
duro
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