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GROTTA DEL PETRIENNO |
PREMESSA: la presente traccia è calorosamente sconsigliata a bikers inesperti e con condizioni fisiche non ottimali. La struttura, la difficoltà e la durezza dell’escursione possono nuocere gravemente alla salute di chi, ignorando questo avvertimento, si avventuri nell’Appennino Perduto credendo di essere un super uomo.
Già nella fase di pianificazione dell’escursione si evinceva la temerarietà di questa traccia che qualcuno ha osato definire “Epic ride”. Nonostante gli annunci intimidatori del Cinghiale, con grande gioia, ci ritroviamo tutti al solito punto di partenza ossia la piazzetta di Santa Maria di Acquasanta (AP). Lo “zoccolo duro” dei Tritasabato è presente all’appello unitamente al veterano dell’area del Monte Ceresa Simone D’Angelo. Nell’aria si respira odore d’impresa e i muscoli già si contraggono al solo pensiero di cosa può regalarci l’Appennino Perduto. Partiamo dalla piazzetta e svoltiamo subito a sx proseguendo su asfalto in discesa fino a raggiungere Ponte D’Arli. Passiamo il fiume Tronto servendoci dell’antico ponte e subito affrontiamo la ripida salita che tocca le frazioni di Arli e San Pietro d’Arli. Queste frazioni, prima del 1950/1960, quando ancora non erano state raggiunte da strade automobilistiche, erano unite e collegate da mulattiere che attraversavano valli, boschi e le creste dei monti. I vari luoghi del territorio dove c’erano orti, prati, pascoli, castagneti, vigneti erano raggiungibili tramite sentieri a tutt'oggi segnalati sulle cartine come percorsi trekking. La strada si addentra in una pineta ed il fondo passa dal bitume al brecciato. Toccata quota 700m circa la pendenza diminuisce quasi a divenire pianura e iniziamo così a dirigerci verso l’abitato di Sala. Transitiamo su un crinale montuoso bersaglio di frequenti incendi di origine dolosa. Sulla nostra dx il fosso della Sala e più in alto la splendida chiesa di Santa Maria in località Scalelle. Sulla sx si apre invece il teatro delle nostre scorribande: il Fosso di Piandelloro. Superiamo la piccola frazione di Sala, dove il tempo sembra essersi fermato, dove i ritmi frenetici delle nostre città non possono arrivare a turbare la quiete. Svoltiamo a sx e, aggirando il Colle Lavaturo, arriviamo in poco tempo a Piandelloro. Se qui, tra queste montagne, ci si ferma a parlare con qualche anziano del posto, di sicuro vi racconterà che a Piandelloro c'era della gente che abitava nelle grotte. Più tardi, con l’avvento del fascismo, Mussolini fece costruire per tutti case in pietra e terra rossa. Sfortuna volle che, di lì a poco, venne giù un gran temporale che distrusse le case costringendo il Duce a disporre una nuova ricostruzione. Al vecchio lavatoio del paese ci si prepara alla discesa come un gladiatore si prepara a far ingresso nell’arena. Il temuto sentiero n. 425 C.A.I. non è affatto una passeggiata in quanto definirlo “trialistico” non è di certo un’esagerazione. L’imbocco della traccia si trova prima della piazzetta sulla sx della strada. Per accedervi bisogna superare un cancelletto per il bestiame vigilato perennemente da un cane “casellante”. Quando per ultimo mi appresto a chiudere il cancello, vedo il capo cordata, Simone, che da lontano alza il dito sincerandosi del mio ok. Via giù per una traccia al veleno, percorribile in mille modi, mutevole ad ogni passaggio….e ancora spietata e pericolosa…panoramica e selvaggia. Attraversiamo il Fosso di Piandelloro colmi di adrenalina, non senza cadute, fortunatamente prive di conseguenze serie. Il sentiero sbuca sulla strada per Falciano, il tempo di togliere le protezioni, e ci apprestiamo a compiere la seconda lunga ascesa di questa giornata. Svoltiamo a dx, saliamo e in località Colle prendiamo nuovamente a dx. La traccia passa sopra l’abitato di Falciano e si arrampica alla Costa Catevère. Dopo un ripido tratto in salita che attraversa la boscaglia approdiamo alla costa e puntiamo il borgo fantasma di Rocchetta. Pedalare osservando le antiche case erette all’interno della roccia arenaria porta quasi a perdere l’equilibrio ma la strada da percorrere è ancora lunga perciò tiriamo diritti per Agore. Passiamo davanti alla chiesa di San Silvestro e dopo alcuni metri ci lasciamo a sx lo “spettrale” cimitero di Rocchetta. Poi la brecciata entra nel Fosso del Marchese e con un ultimo strappo in salita arriviamo ad Agore. Da questo ennesimo e suggestivo borgo, abbarbicato sul crinale montuoso che scende dal Pizzo D’Osoli, parte una sterrata che entra nel Fosso dell’Agore. E’ il sentiero n. 401 C.A.I.! Affrontiamo ora l’ampia traccia che d’improvviso si restringe e, in un saliscendi selvaggio, porta al Fosso del Petrienno. Si oltrepassano diversi corsi d’acqua e si incrocia una bella cascata ma il valore aggiunto, per noi bikers alla ricerca del brivido, lo dona sicuramente il tracciato, ricco di insidie, svolte e colpi d’occhio nella giungla circostante. Quando il sentiero 401 incrocia il “fratello” 402, vuol dire che ci siamo! L’obiettivo della nostra escursione e finalmente davanti a noi. La Grotta del Petrienno: un’oasi nell’omonimo fosso, costruzioni in pietra erette all’interno dell’imponente grotta, una cascata all’ombra della roccia arenaria, un posto nascosto nell’Appennino Perduto. Rimaniamo tutti a bocca aperta davanti a simile spettacolo che la mia fotocamera riesce a stento ad immortalare. Riprendiamo il nostro viaggio ancora con quello scorcio di antico nella mente e, costeggiando pareti rocciose, giungiamo a Poggio Rocchetta. Ripresa la strada principale pedaliamo velocemente in direzione di Tallacano, bypassiamo il paese e ci fermiamo in corrispondenza del bivio con il sentiero 402 per Cocoscia. Decidiamo di rendere più “umana”questa, già di per sé disumana, traccia scegliendo di scendere al Fosso delle Canapine tramite asfalto. In pochi minuti siamo sotto, pronti per la terza ed ultima ascesa che culmina a Cocoscia. Le energie iniziano a scarseggiare, la lingua “felpata” richiama una birra ghiacciata. Da Cocoscia deviamo per un boschetto e dopo un piccolo ascensore raggiungiamo l’incrocio col sentiero che scende a Santa Maria. I nostri volti provati dalla fatica tornano sorridere dinanzi alla discesa infernale che trionfalmente và a chiudere questo “Epic Ride”. Una discesa, che se non affrontata con la giusta lucidità, può rappresentare un incubo…in incubo dal quale ci si sveglia soltanto se si ama profondamente l’avventura. La forza viene fuori dalla mente, non dal fisico! E’ soltanto la mente, concentrata come non mai sulla traccia che sprofonda verso il fiume Tronto, a portarci a chiudere questo anello. E mentre facciamo ritorno alle auto con bici in spalla, il Cinghiale ripercorre le tappe della giornata: caduta dell’Ironamn nel Fosso di Piandelloro, Gianluca che ci abbandona a Vallefusella, Luca Sabaraglia che perde le pasticche dei freni dopo un salto in preda all’adrenalina (pasticche ritrovate tra i rovi e rimontate con mezzi di fortuna), Luca Stollini che riporta forature a non finire, Pierpaolo in preda ai crampi….la Grotta del Petrienno….tutti tasselli di questo meraviglioso puzzle composto da bikers che in comune hanno soltanto la stessa grande passione. Ce l’abbiamo fatta anche questa volta! 43 km e 2022 m di dislivello che rimarranno indelebili nella mente….almeno fino alla prossima avventura nel fantastico Appennino Perduto.
CINGHIALE 21/04/2012 Santa Maria (AP)
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rpapero
23.04.2012 21:45