Monte Inverno

A’m sum desdeè stamatenna, l’è primavera … ma piov…
…l’è primavera in tal lunari ma par ch’l’inveren a’l sia tornè… (F.Guccini : al Trist)
“Aprile ogni dì un barile” mi diceva la mia bisnonna citando un proverbio…
Fatto sta che qui il tempo è veramente proibitivo. L’acqua necessaria all’agricoltura come non mai, va però rendendo inutilizzabili gran parte dei nostri percorsi collinari. Fortunatamente abbiamo parecchie strade bianche che consentono al biker paziente di allenarsi e mantenere la gamba.
Anche la temperatura si è bruscamente ridotta. A fine marzo si girava già in tenuta estiva … ieri mattina si stava bene coperti.
Ed è a causa di questo ambientino simpatico maturato già nella settimana di Pasqua (non mi ricordo una Settimana Santa senza acqua a catinelle) che mi viene voglia di raccontarvi del tour di Monte Inverno.
Il nome del monte è tutto un programma e ben si coniuga col tempo da lupi di questi giorni (perché poi da lupi? Cosa c’entrano questi simpatici canidi col tempaccio?).
In realtà quando “quelli che..il sabato mattina” hanno affrontato il percorso era una giornata stupenda, tiepida al punto giusto e il fondo era ideale.
Mi telefona il giovedì sera il buon Gianluca chiacchierando di questo e di quello, e così fra una parola e l’altra salta fuori il Monte Inverno. Il posto non mi è nuovo, mi ero avventurato per quei siti diversi anni fa, perdendomi clamorosamente fra rovi e salite esclusivamente da “spingere”. Poi sbucaii in un ampio slargo incontrandomi per puro caso con una combriccola di amici (fortissimi bikers) che mi hanno ricondotto per la retta via, anch’essa però nascosta fra il folto bosco. Non ero rimasto entusiasta del giro, ma mi rimase la curiosità. Fui contentissimo di sapere che Luca aveva avuto le dritte per salire e scendere in modo corretto da quel monte dal nome così cupo.
E così partimmo … dal centro di Salsomaggiore. Dentro di me facevo i conti e mi preoccupavo per la lunghezza del giro e per il dislivello che avremmo accumulato. Per evitare problemi mi ero munito di apposite confezioni di gel (che mia moglie chiama simpaticamente “bombe”) di carboidrati e frutta e riempito per bene il camel back che ho sempre con me nello zainetto insieme all’officina portatile, alle camere d’aria di ricambio e all’insostituibile ferro di cavallo nascosto per bene in una delle tasche interne.
Che il giro fosse battezzato “duro” lo dimostrava il fatto che Paolo, avezzo a frequenti scatti stava assai “manciato” e se la chiacchierava tranquillo con Luca. Maurizio ed io, dietro, contenti del ritmo blando discutevamo della crisi, del lavoro annessi e connessi.
Speravo di andare subito verso Monte Inverno, ma non vedevo bene il percorso.
I miei soci puntavano invece verso il Monte Kanate. Ciumbia, la prendiamo lunga. Fa niente, scaldiamo le gambe con la lunga salita ai “massari”. Sempre dura mi fu…
Come scalda gamba non c’è male.
Poi, a Pietraspaccata imbocchiamo il simpatico sentiero della “riservetta”. Il sentiero è divertente e tecnico con passaggi discretamente impegnativi che ci porta, in breve, sulla strada della Costa. Ci avviamo verso Mariano. Un po’ di asfalto scioglie le gambe. Aggiriamo il santuario seguendo un’ampia carraia che propone una divertente serie di saliscendi scorrevoli e veloci. Il fiato è “rotto” e l’andatura aumenta. Fin qui tutto bene. Conosco bene il tracciato ed ho capito dove andremo a parare.
Dopo una breve sosta per dare indicazioni ad un gruppo di colleghi bikers, appena sopra Case Boscaini, ci imbarchiamo per una veloce discesa su asfalto verso Monte Salso. Poi deviamo bruscamente sulla Marialonga. Anche questa parte la conosco bene e ne ho già parlato in un precedente post.
Il tracciato e il meteo, entrambi ideali, permettono a noi bikers di godere al massimo la pedalata. Lo sguardo corre rapido sulla sottostante Valceno. La strada bianca avanti a noi, sinuosa come un serpente, corre veloce verso i ruderi del castello di Roccalanzona. Poco avanti a noi lo scuro profilo di Pietra Corva .
Non arriviamo al nero ofiolite, giriamo prima.
Di qui in poi, per me è tutto nuovo, o quasi.
Scendiamo lungo un sentiero largo ma estremamente rovinato. La notevole pendenza fa si che, in presenza di forti piogge, l’acqua trascini con se, verso valle, notevoli quantità di sassi, e si scavino ampi solchi. Moto e quad fanno il resto. Guardinghi scendiamo, cercando di non cadere. Una caduta sarebbe veramente devastante, visto che non abbiamo portato protezioni per braccia e gambe.
D’improvviso la pendenza cala e il sentiero diventa più tranquillo. Lasciamo correre i nostri mezzi prima che la strada ricominci a salire . Davanti a noi si profila un piccolo agglomerato di case con una chiesetta simpatica e accattivante. Nel verde brillante, fra gli alberi coi primi fiori, la chiesetta ci porta ad immagini di siti ben più famosi. Rallentiamo mentre ci avviciniamo fra l’abbaiare di cagnetti curiosi e diffidenti. Approfittiamo della gentilezza di un passante per chiedere informazioni sul nostro Monte Inverno.
Approfitto di questa sosta per rifiatare.
Mi volto indietro e butto un occhio sulla discesa appena terminata. Niente male! Anche il Mauri è soddisfatto e divertito.
Ora si ricomincia a soffrire. La strada bianca ricomincia a salire tranquilla poi d’improvviso si impenna.
Si fatica, ed è forse per questo che commettiamo un errore.
Non diamo importanza ad una carraia, sulla nostra sinistra, “fettucciata” come ad indicare la strada per noi.
Ma davanti a noi si apre una strada boschiva ampia e rassicurante e tralasciamo la via “fettucciata” .
Errore! Il sentiero diventa durissimo e poi si infrasca sempre più, fino a diventare una tracciola esile nel bosco, tipica delle tracce da cinghiali o fungaioli. Non ci fidiamo a seguirle. Un rapido consulto fra bikers dispersi: “non si torna indietro!” . Un rapido sguardo ci conferma che siamo quasi in vetta al Monte Inverno.
Risaliamo la breve china che abbiamo davanti, cercando di schivare i rami di rovo, puntando all’azzurro cielo che abbiamo davanti e che filtra fra i faggi. Pochi minuti e siamo in vetta.
In vetta ci troviamo su uno stupendo sentiero “fettucciato” … era quello di prima che abbiamo trascurato. Dopo esserci stramaledetti ridendo di gusto approfittiamo della sosta forzata per mandare giù qualcosa. Ce n’è bisogno. Partiamo di nuovo all’avventura. Ora il sentiero scende ripido e divertente in una lunga serie di curve, ancora “sporche” di foglie ma estremamente divertenti. Bello bellissimo percorso. D’improvviso sbuchiamo dal bosco e ci troviamo su una ampia strada bianca. Dove siamo?
Discutiamo agguerriti. Alla fine capiamo di essere poco sopra S.Lucia, tra Varano Marchesi e S.Andrea. Adesso dove andiamo? Dopo un conciliabolo divertente ci viene in soccorso un contadino della zona.
In effetti ci indica la via segnalata dalle fettucce. Lasciamo correre le nostre bici in una discesa su strada bianca. Arriviamo nei pressi di una grossa fattoria… e commettiamo un nuovo errore.
Non ci sono fettucce e seguiamo la carraia che scende ampia dopo la fattoria. E ci troviamo con lo sguardo perso fra i campi alla ricerca di un passaggio. Niente da fare. Non ci resta che tornare indietro. All’altezza della fattoria butto un occhio al mio navigatore e vedo che c’è un sentiero segnalato. Senza indugi seguo le indicazioni del navigatore seguito a ruota da Paolo e dagli altri. Poco dopo ritrovo le fettucce…
Mannaggia, perché le hanno tolte nei pressi della fattoria? Non davano fastidio!
Ma è così. La discesa prosegue allegra e veloce fin sulla strada asfaltata. Ora mi ritrovo! Era il punto da dove ero partito per il Monte Inverno anni fa. Ho capito perché avevo sbagliato.
Pazienza.
Indico ai miei soci come rientrare a Salso senza risalire fino alla Marialonga.
Pochi metri d’asfalto e imbocchiamo una carraia che mena ripida fino sulla costa sopra Case Mezzadri.
Paolo e Luca si avviano rapidi, Maurizio ed io perdiamo terreno. Poi la mia GOPRO esaurisce la batteria e devo fermarsi per la necessaria sostituzione. Ne approfitto per rifiatare. Riparto e acchiappo Maurizio alla fine della dura salita, e, mentre Paolo ci viene incontro, un ampio giro nel bosco ci permette di addolcire lo sforzo. Un’ultima rampa ci porta su una strada bianca. Siamo appena sopra Case Mezzadri. Bene!
Scendiamo rapidi e allegri. L’osteria di Case Mezzadri mina le nostre velleità pedalatorie. Un profumo di ottima cucina ci attanaglia lo stomaco, mentre penso ai gel tecnici appena ingurgitati. Sta per uscirmi un corretto “ma vaffa…” quando i soci scattano in discesa. Pochi metri più in la, nei pressi dell’altra osteria, giriamo per un invitante stradello, già descritto nel post “a tutto Mariano”.
Qui, ricordi vaghi di Luca, la possibile presenza di cani ci fanno fermare a chiedere lumi ad un contadino.
Ci consiglia male. La via che seguiamo ci porta a lasciare il sentiero noto … e finiamo a scavalcare un paio di fossi e saltare rovi. (per chi non vuole seguire il tracciato gpx è sufficiente prendere per buono il tracciato di a tutto Mariano e i conti tornano meglio anche se con un po’ di asfalto in più).
All’ultimo passaggio, proprio in uscita la mia bici diventa inguidabile: ho chiaramente bucato.
Aiutato dai miei amici, sostituisco la camera d’aria, e in breve ripartiamo. Ora la strada è chiara.
Saliamo verso i Tintori per ampia strada bianca. Una torma di cagnetti abbaianti (ma innocui) accompagna il nostro sforzo. Comincio ad essere stanco, ma siamo quasi a casa. Invece di girare direttamente verso Tintori saliamo verso Pietraspaccata e case Massari. Mauri (ed anche io) mugugna asserendo di avere finito la benzina. Ho capito dove vogliono andare i nostri soci. Tranquillizzo il Mauri. Infatti poco dopo infiliamo un sentiero su terra che scende velocemente. Una zona di terreno bagnato e “arato” dai cinghiali ci rallenta e preoccupa. Poco dopo però scendiamo veloci su un bel sentiero. Poi “emergiamo” su strada bianca e velocemente arriviamo a Contignaco. Di qui a casa è una passeggiata, anche se Paolo e Luca si sfidano in volata su una salitella. Io non ne ho più e non vedo l’ora della doccia e della pasta asciutta che mi ha preparato la dolce moglie . Bel giro, duro, ma veramente bello.
45km e 1500m di dislivello … mica poco!

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Come arrivare al punto di partenza

Da Milano o da Bologna
Percorrere l'autostrada del Sole A1 fino all'uscita di Fidenza/Salsomaggiore Terme, si prosegue seguendo la direzione Fidenza/Fontanellato/Salsomaggiore Terme.
Da Brescia o da Genova
Dall'autostrada A21, continuare sull'autostrada del SOle A1 fino all'uscita di Fidenza/Salsomaggiore Terme, si prosegue seguendo le indicazioni prima per Fidenza e poi per Salsomaggiore Terme.
Da La Spezia
Percorrere l'autostrada della Cisa A15, uscire al casello Parma Ovest, seguire le indicazioni per Noceto, Fidenza, Salsomaggiore Terme.
Da Parma
Percorrere la "Via Emilia" SS 9 seguendo le indicazioni per Ponte Taro, Noceto, Fidenza, Salsomaggiore Terme.


Treno/Bus
In treno
Dalla stazione di Fidenza (distante 9,5 km circa dalla stazione di Salsomaggiore), servita dalla linea Milano - Bologna, prendere la linea per Salsomaggiore Terme.
Per consultare gli orari dei treni visitare il sito web delle Ferrovie dello Stato e il sito web delle Ferrovie Emilia Romagna.

Il punto di partenza è situato davanti alle Terme Zoia dove c'è ampia possibilità di parcheggio

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Commenti

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stefano alinovi

16.04.2012 21:23

nella traccia gpx ci sono un paio di evidenti errori . Dopo averlo scaricato si può eliminare tranquillamente l'errore e risalvarla. Non l'ho fatto per non inficiare l'altimetria automatica derivata dalla traccia

Infos

Inserito da
stefano alinovi
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Tipologia
Itinerario da A ad A
Inserito il
16.04.2012
Località
Largo A. Bazzoni, 43039 Salsomaggiore Terme PR, It
Regione
Emilia-Romagna
Tempo Percorrenza
4-5 ore
Distanza
45
Dislivello
1500 mt
Difficoltà tecnica
medio-difficile
Condizione fisica
duro
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